Sabato 17 Febbraio 2018
Ore 21,00
MISMAONDA creazioni live
presenta
di Mario Gelardi e Roberto Saviano
con gli attori della compagnia del Nuovo Teatro Sanità:
Vincenzo Antonucci, Luigi Bignone, Carlo Caracciolo, Antimo Casertano, Riccardo Ciccarelli, Mariano Coletti, Giampiero de Concilio, Simone Fiorillo, Carlo Geltrude, Enrico Maria Pacini
Regia Mario Gelardi
assistente alla regia Carlo Caracciolo
scene Armando Alovisi
costumi Irene di Caprio
musica Tommy Grieco
luci Paco Summonte
collaborazione alla messa in scena Irene Grasso
Dieci ragazzini in scooter sfrecciano contromano alla conquista di Napoli. Quindicenni dai soprannomi innocui – Maraja, Pesce Moscio, Dentino, Lollipop, Drone –, scarpe firmate, famiglie normali e il nome delle ragazze tatuato sulla pelle. Adolescenti che non hanno domani e nemmeno ci credono. Non temono il carcere né la morte, perché sanno che l’unica possibilità è giocarsi tutto, subito. Sanno che “i soldi li ha chi se li prende”. E allora, via, sui motorini, per andare a prenderseli, i soldi, ma soprattutto il potere.
Nel gergo camorristico "paranza" significa gruppo criminale, ma il termine ha origini marinaresche e indica le piccole imbarcazioni per la pesca che, in coppia, tirano le reti nei fondali bassi, dove si pescano soprattutto pesci piccoli per la frittura di paranza.
L'espressione "paranza dei bambini" indica la batteria di fuoco, ma restituisce anche con una certa fedeltà l'immagine di pesci talmente piccoli da poter essere cucinati solo fritti: piscitielli, proprio come questi ragazzini. Raccontare la paranza dei bambini significa tratteggiare la nuova forma che la camorra napoletana ha assunto: barbe lunghe e corpi completamente tatuati, ma giovanissimi.
Queste storie, tra doglie, sforzi, lacrime e muscolose spinte di rabbia, diventeranno il mio prossimo romanzo.
Così come 10 anni fa fu con “Gomorra”, ho voluto portare in scena questo libro in collaborazione con Mario Gelardi.
Roberto Saviano
“Guardati dentro. Guardati dentro profondamente, ma se non provi vergogna non lo stai facendo davvero.
E poi chiediti se sei fottuto o fottitore”.
La paranza racconta l’evoluzione criminale di un gruppo di ragazzini che vedono nella carriera all’interno del clan l’unica fuga da una vita che non li accontenta in niente. Sono giovani allo stato brado, una tribù, animali in cattività, i loro segni sono vistosi tatuaggi sul corpo, barbe lunghe, rapporti freddi, chirurgici.
Ne “La paranza dei bambini” nessuno può dirsi salvo, perché non esiste alcun rapporto umano che non sia l’appartenenza alla tribù. La tragedia in questa storia, resta rintanata negli angoli bui delle coscienze dei protagonisti, sempre pronta a venire alla luce, così come farà nel finale che sconvolgerà definitivamente questi bambini diventati uomini troppo in fretta.
La gabbia in cui hanno rinchiuso le loro anime, si trasforma in una gabbia fisica, tangibile, che si chiuderà su sé stessa.
Immagino questi ragazzini come quelli de “il signore delle mosche” che rimasti soli si costruiscono un loro ordinamento sociale, delle loro regole.
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