Madre Courage e i suoi figli [prosa]

home / Eventi / Madre Courage e i suoi figli [prosa]

Madre Courage e i suoi figli [prosa]

22 Ottobre 2019

Uno spettacolo visionario, in cui i celebri songs di Brecht e la musica di Paul Dessau sono trasformati in una travolgente sequenza di brani dallo stile eclettico — dal suono classicocontemporaneo all'elettronica — con l'intento di non tradire la forza dirompente che quelle musiche ebbero in epoca espressionista.

 

Società per Attori • Fondazione Teatro Metastasio di Prato

in collaborazione con Napoli Teatro Festival

Maria Paiato

in

MADRE COURAGE E I SUOI FIGLI

di Bertolt Brecht

traduzione Roberto Menin

scene Luigi Ferrigno

musiche Paul Dessau

Regia e drammaturgia musicale Paolo Coletta

 

Uno spettacolo visionario, in cui i celebri songs di Brecht e la musica di Paul Dessau sono trasformati in una travolgente sequenza di brani dallo stile eclettico — dal suono  classicocontemporaneo all'elettronica — con l'intento di non tradire la forza dirompente che quelle musiche ebbero in epoca espressionista.

Al centro di tutta l'azione, Maria Paiato è Anna Fierling — detta Courage — che, affiancata da 10 attori, in un presente al di là del tempo e dello spazio, attraversa la Storia, oscillando ogni volta tra guerra e pace.

Progetto scenografico di Luigi Ferrigno

 

Il testo

Bertolt Brecht scrisse “Madre Courage e i suoi figli” subito dopo l'invasione della Polonia da parte di Hitler nel 1939. Brecht era fuggito dalla Germania nazista autoimponendosi l'esilio in Scandinavia nel 1933. “Madre Courage” fu realizzato per la prima volta nel 1941 a Zurigo. La seconda produzione, quella iconica con le musiche rivedute da Paul Dessau, ebbe luogo nel 1949 a Berlino, quando Brecht, di ritorno dagli Stati Uniti, sperava di tornare in Germania. Questa produzione ebbe come attrice protagonista la moglie Helene Weigel.

Da allora è stato visto in tutto il mondo in innumerevoli allestimenti. È considerato tra le opere teatrali leggendarie del 20° secolo e forse il più grande testo contro la guerra di tutti i tempi. L'azione si svolge durante la Guerra dei Trent’anni, nel corso di 12 anni (1624 - 1636), rappresentati in 12 scene.

 

I PERSONAGGI PRINCIPALI

Anna Fierling (Madre Courage) è una mercante al seguito degli eserciti in campo con il suo carro mensa di cibo e merci. Ha avuto tre figli da tre diversi uomini: Eilif, Schweizerkas e Kattrin. Sebbene la sua passione sia quella di proteggerli e prendersi cura di loro, li perderà uno dopo l’altro, ogni volta per perseguire i propri interessi economici. Alla fine del dramma, pur rovinata dalla guerra, non avrà imparato nulla.

Eilif è il figlio maggiore. Sfrontato e dotato di inesauribile energia, ha il temperamento dello spaccone. La sua sete di violenza nel massacrare i contadini e nel rubare il bestiame è lodata in tempo di guerra, ma, durante una pace temporanea, lo porterà a essere giustiziato dagli stessi militari che lo avevano esaltato.

Schweizerkas, il figlio più giovane, è stupido ma, in compenso, onesto. Quando diventa furiere per una divisione finlandese, cerca di salvare la cassa dall'esercito invasore, ma verrà giustiziato per la sua condotta insubordinata, anche se leale.

Kattrin è la figlia adolescente muta di Madre Courage. Sogna di sposarsi e avere dei figli, ma morirà cercando di mettere in guardia da un imminente attacco gli abitanti di un villaggio addormentato.

Il cuoco è stato arruolato dall’esercito svedese per preparare da mangiare al generale di un reggimento. Quando il cibo comincia a scarseggiare, lascia il reggimento e si mette al seguito di Madre Courage. Uomo cinico e pronto a cambiare aria alla minima difficoltà, propone a Courage di abbandonare una volta per tutte i campi di battaglia per ritirarsi in Olanda a gestire una locanda. Il suo rifiuto di portare con loro Kattrin, farà desistere la donna a seguirlo, abbandonandolo per sempre.

Il cappellano è il capo religioso dell’esercito protestante, ma a ogni rovescio di fortuna derivante dalle sorti alterne della guerra, non ci pensa su due volte a cambiare veste e spacciarsi per cattolico. La figura di questo uomo piccolo piccolo, vigliacco e ipocrita è soprattutto la personificazione dell’idea di Brecht che la religione è priva di qualsiasi utilità quando si tratta di guerra.

Yvette è una prostituta che segue anch’ella l’esercito, ritrovandosi spesso a vivere a stretto contatto con Madre Courage e i suoi figli. Finirà per sposare il fratello di un ricco colonnello, ottenendo un nuovo stato sociale e il benessere, pur perdendo la sua umanità. È l’unico personaggio che guadagnerà qualcosa dalla guerra.

 

RIFLESSIONI SUL TESTO

1. Il capitalismo e la guerra. La guerra come dispositivo del sistema capitalista concepito per il profitto di pochi, è il tema principale su cui ruota il testo. Pertanto, nonostante sia costantemente in cerca di ottenere un profitto dal proprio commercio, Madre Courage è destinata a perdere: solo chi sta in cima a tale sistema ha una reale possibilità di beneficiarne.

Tutti i personaggi di quest’opera cercano di ottenere il loro guadagno, grande o piccolo che sia. Ed è indicativo che nel testo originale tedesco il verbo “kriegen” sia spesso ripetuto, ora col significato di "fare la guerra" ora con quello di “ottenere”. Ma le classi più basse, gli ultimi, la “piccola gente” — dal sergente e dal reclutatore che prestano il loro servizio paralizzati dal freddo in un campo all’inizio del testo, ai contadini che seppelliscono alla fine la figlia di Madre Courage — perdono tutti, in guerra. La guerra porta dolore, povertà, fame e distruzione a tutti, nessuno escluso. E Madre Courage pur beneficiandone temporaneamente, quando la guerra è al culmine della sua attività, alla fine perderà tutto anche lei. Persino Yvette, la puttana del reggimento, l'unica la cui vita sembrerà essere migliorata dal punto di vista finanziario per aver sposato un esponente della classe superiore (un vecchio colonnello), ne uscirà sconfitta per aver perso la propria umanità.

2. La virtù in tempo di guerra. La guerra rende le virtù umane fatali a chi le possiede. All'inizio dell’opera, Madre Courage racconta ai suoi figli i loro destini e, così facendo, presagisce loro che moriranno tutti a causa delle loro rispettive virtù: Eilif per il coraggio, Schweizerkas per l’onestà e Kattrin per la gentilezza. Nelle ultime scene, poi, canterà con il cuoco la celeberrima “Canzone di Salomone”, in cui quattro Grandi Anime della Terra muoiono a causa delle loro virtù: Salomone per la saggezza, Giulio Cesare per il coraggio, Socrate per l’onestà e San Martino per la gentilezza. Non è un azzardo, quindi, paragonare queste quattro anime rispettivamente a Madre Coraggio e ai suoi tre figli.

Per contro, quindi, Brecht sembra dirci che, in tempo di guerra, le qualità che salvano non possono che essere la vigliaccheria, la stupidità, la disonestà e la crudeltà.

3. La religione. La religione è solo un piccolo aiuto, durante la guerra. Nell’opera la religione è rappresentata dalla figura di un cappellano mordace, ipocrita e lascivo che cambia la sua posizione all’occorrenza e, a seconda del vincitore tra cattolici e protestanti, è pronto a rispolverare i paramenti degli uni o degli altri. Ma il ruolo della religione è anche incarnato dai contadini, che, alla fine del testo, quando l'esercito cattolico si prepara ad attaccare la città addormentata, non prendono altra iniziativa che cominciare a pregare affinché Dio intervenga. Naturalmente sarà solo attraverso gli sforzi di Kattrin, che salirà su un tetto per dare l'allarme battendo un tamburo, che i cittadini saranno salvati.

4. Silenzio e mutismo. La virtù e la bontà sono messe a tacere durante la guerra. Il mutismo di Kattrin (psicologicamente traumatizzata dall’essere stata abusata da un soldato quando era piccola) è altamente simbolico nel testo. Ma molti altri silenzi sono significativi nel dramma: il rifiuto di Madre Courage di lamentarsi dopo la "Canzone della Grande Capitolazione”; la negazione della propria fede da parte del Cappellano quando arriva l'esercito cattolico; e il silenzio di Madre Courage quando il cadavere del figlio è portato davanti lei per l’identificazione. Per contro, Kattrin diventa il personaggio più “rumoroso” ed eloquente, quando, alla fine, si sacrificherà per svegliare gli abitanti della città che dorme. La sua ricompensa sarà d’essere fucilata e quindi seppellita da quegli stessi contadini, mentre sua madre ricomincerà il suo commercio infinito.

5. Maternità e femminile negativo. Esiste un chiaro conflitto tra il ruolo di "madre" di Courage e il suo ruolo professionale di "affarista". Sebbene affermi di star lavorando per sostenere i suoi figli, è la sua negligenza a causare la loro morte. In ogni caso, ogni volta che i suoi figli, uno dopo l’altro, vengono a mancare, Madre Courage è sempre occupata nei suoi affari e nei suoi commerci. Ha avuto sicuramente più partner, e di quelle relazioni i figli sono i sottoprodotti. Ma sembra non aver mai amato nessun uomo. Eppure Madre Courage, come tutte le figure iconiche, è portatrice di qualcosa di non ancora visto, non ancora disvelato. Incontrarla fa emergere in primo piano il tema della libertà femminile, in una figura di donna e di madre che persegue il suo desiderio di esprimersi, all'interno dei vincoli in cui si trova a vivere: la guerra, i figli, il danaro come mezzo (che è anche un fine). Dando vita a un personaggio segnato dall’intima resistenza a non voler essere riscattata – come invece avviene per Medea, ad esempio, grazie alla tragicità del suo gesto — una donna che vuole “solo” vivere la sua vita, non negando il potere della propria femminilità. Che si traduce in primis nell’essere madre, con l’obbligo a una responsabilità infinita ed “eterna”, da Courage esercitata in modo territoriale, con tutta la sua attitudine al possesso, non escludendo la crudeltà insita in questo “avere”. Courage, dunque, espressione di un “femminile negativo”, non interessato né a far emergere un’inesistente positività del polo maschile, né a immolarsi per la speranza di una futura salvezza. La sua vita è qui e ora: e lei è dura e concreta, e non è diversa dalle brutture da cui è circondata. L’identità femminile in Courage si scardina dai modelli, dal dover corrispondere ad aspettative già date, aprendosi alla possibilità di dare spazio a una figura forse sgradevole, forse sospesa sulla soglia tra bene e male, e, in questo senso, forse, incompiuta. Lo sfondo della guerra, il paradosso di un evento da cui non ci si evolve: è questa la tragedia di una violenza dissolvente il potere della Madre generatrice.

Per contro, è in Kattrin che osserviamo il risveglio sessuale e il desiderio di un marito e dei bambini. Desideri ostacolati dal suo handicap, dalla deturpazione che l’ha segnata sul volto e dalle azioni della madre. Tuttavia, gli istinti materni della ragazza sono forti, portandola a rischiare la vita per sottrarre alla morte un bambino da una casa in rovina, fino a sacrificarsi per salvare (ancora) bambini in pericolo di vita nella città addormentata.

6. Fame. La fame è un altro tema ricorrente nel testo. La fame della guerra è insaziabile. Il cuoco cerca di "alimentare la guerra", ma non c'è mai abbastanza cibo e scapperà quando il cibo finirà del tutto. I soldati saccheggiano le fattorie contadine, uccidendo e straziando chiunque, pur di nutrire gli eserciti predoni. L’opera si apre con una conversazione su quanto sia difficile reclutare abbastanza soldati: l'appetito della guerra per gli uomini supera sempre l'offerta. Il cuoco e l’esercito intero alimentano l'appetito della società per la guerra. Alla fine non resterà che un paesaggio desolato e il carro di Madre Courage rimarrà vuoto.

 

NOTE DI REGIA

Il progetto

La scelta di mettere in scena Madre Courage nasce dall’intenzione di impiegare le migliori energie creative nell’allestimento di un titolo brechtiano, che, pur offrendo un argomento di eterna attualità quale quello della vita e della morte ai tempi della guerra, prevedesse forti componenti musicali, e consentisse una potente risonanza scenica nella contemporaneità.

Ma il progetto di portare in scena Madre Courage ha trovato da subito un solido sostegno in una serie di singolari coincidenze, alcune riguardanti anche il vissuto personale del sottoscritto, come quella di aver partecipato in veste di giovane attore alla versione storica di Antonio Calenda interpretata da Piera Degli Esposti nel 1991. “Madre Courage e i suoi figli” è davvero è uno dei più grandi classici teatrali del secolo scorso. È la prima della corona di opere di Brecht che include “L’anima buona del Sezuan”, “Il cerchio di gesso del Caucaso” e “Vita di Galileo”. In Italia non sono state tante le edizioni che si ricordano. Dopo il debutto assoluto nel 1952 con la messinscena di Luciano Lucignani con Cesarina Gheraldi e Sergio Tofano, si fa presto a elencarle tutte: da quella storica dello Stabile di Genova di Luigi Squarzina con Lina Volonghi, passando quindi per la versione Calenda / Degli Esposti del 1991, per arrivare alle tre recenti edizioni di Marco Sciaccaluga / Mariangela Melato del 2003, sempre per lo Stabile di Genova, Robert Carsen / Maddalena Crippa del 2005 per il Piccolo Teatro, e Cristina Pezzoli / Isa Danieli del 2008, prodotto dalla Compagnia Gli Ipocriti di Melina Balsamo. Cinque edizioni: solo cinque edizioni italiane di un’opera dal respiro profondo e ormai storicizzato del classico, la cui forza risiede nella capacità di colpirci così fortemente con una densità raramente tanto alta di conflitti e paradossi.

Brecht scrisse il testo quando era già in esilio nel 1938 alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale. Ma l’opera ha assunto il suo vero significato forse solo dopo la guerra, sottolineando implicitamente che l’umanità non riuscirà mai a imparare dai propri errori. Opera di contraddizioni e antinomie, a partire dalla principale, secondo cui Madre Courage si sforza di proteggere i suoi figli dalla guerra, ma li perde inesorabilmente uno dopo l’altro. In che modo è responsabile di ciò? Anna Fierling si chiama Courage: ma è davvero una donna coraggiosa o, piuttosto, una codarda? Le risposte possibili in questo testo riguardano chi ha e chi non ha, chi prende le decisioni e chi deve eseguirle.

In Brecht c’è un senso profetico: è innegabile che l’azione di Madre Courage — il suo andirivieni sul corpo di una Europa schiacciata, gli assassinii, i saccheggi, gli incendi — abbia prefigurato quando stava realmente per accadere. E così, Brecht, nutrito anche dai ricordi della Grande Guerra del secolo XX, compone un’opera definitiva sulle guerre di tutti i tempi. In una nota del ’49, alla vigilia della storica messinscena di Berlino, Brecht precisa i punti essenziali che una rappresentazione di Madre Courage deve mettere in luce: “Che in una guerra non sono i piccoli che fanno i grossi affari. Che la guerra — che non è altro che un tipo di commercio ma con altri mezzi — trasforma tutte le virtù umane in una forza di morte anche in chi le possiede. Che nessun sacrificio è troppo grande per combatterla comunque”. In quella stessa occasione aggiunse: “Se Madre Courage non ricava nessun insegnamento da ciò che le succede, penso che il pubblico, invece, può imparare qualcosa osservandola”. Zurigo 1941. Napoli 2019. La dichiarazione di Brecht è ancora attuale. Lo stato di guerra è uno dei pilastri su cui il Potere, dalla notte dei tempi, fonda la sua stessa ragion d’essere. E al mantenimento di questa eterna macchina da guerra partecipiamo tutti, volenti o nolenti.

La lingua

Partendo dalla traduzione di Roberto Menin, ho voluto riprendere i tagli al testo dell’ultima versione del Berliner Ensemble del 2005 (ripresa nel 2016), cercando di preservare la costruzione brechtiana della battuta, che, pur non presentando un verso elevato in senso  poetico, rappresenta un linguaggio comune eppure mai gergale. Si tratta di una forma di linguaggio teatrale che ha un ritmo e una struttura inconfondibili. Basti prendere ad esempio quanto le parole diventino più serrate e compatte man mano che la guerra incalza. Se

in tempo di pace si dirà: “Penso che sia ora di andare”, sotto la minaccia che la guerra scoppi la stessa frase diventa: “È ora di andare!”, per poi contrarsi definitivamente, quando la guerra si traduce in battaglia, in un rapidissimo: “Tempo!”. Il ritmo del testo è sempre muscolare. E anche quando sembra prendersi una pausa di riflessione, non abbandona mai il suo stato di “tonica” emergenza. Tutto questo è difficilmente conservabile, qualora si decida di trasportare questo genere di parola teatrale in un ambito fonetico “volgare”. L’impatto emotivo, così centellinato da Brecht nella sua drammaturgia, sarebbe inevitabilmente compromesso dal tentativo di “abbassare” la lingua a un livello di idioma parlato, che avrebbe come risultato quello di alterare la sapiente partitura di significati verbali rappresentata dal testo. È partendo da questa attenzione al linguaggio e al suo ritmo inconfondibile — in tedesco come in italiano — che ci auguriamo che il pubblico riesca a concentrarsi anche su tutte le altre componenti della messinscena.

La scena

L’impianto scenografico riprodurrà un ambiente senza riferimenti temporali e geografici immediatamente riconoscibili. Tuttavia restituirà paesaggi e costruzioni sostanzialmente realistici, ma interpretati con forme e colori vibranti e dalle tonalità intense, quasi acriliche.

Al posto del carro, una roulotte/caravan accessoriata è l'installazione centrale del progetto scenografico. Tutt'attorno il deserto, ora di neve ora di terra, dove scorre la Storia, fatta ora da uomini, ora da oggetti, ora addirittura da simboli. Soldati, avventori, prostitute, ma anche automobili, oggetti e figure, scorrono da una parte all'altra del palcoscenico. Scenari sempre più apocalittici, fatti di gelo e fango, sempre lontani dalla città. A ogni scoppio di guerra, Courage esulta e si reinventa. E canta le celebri canzoni di Dessau, reinventate e riadattate di volta in volta. A ogni scoppio di guerra, Courage ricomincia a vivere e a vendere.

Ma lo fa senza mai allontanarsi troppo dalla sua postazione d’affari: il carro/

roulotte/caravan rivela ogni volta la sua merce, che siano armi o vivande o tanto altro ancora. Courage, non più solo vivandiera, ma magari truffatrice – spia – trafficante – pusher – parassita – usuraia – ciarlatana – faccendiera – maitresse... Ma pur sempre Madre, infinitamente più giusta e santa della più santa delle Guerre.

Le musiche

Le musiche di Paul Dessau costituiscono un prezioso scrigno di significati sorprendentemente attuali, sia da un punto di vista formale che di contenuti. La storia del progetto sonoro di Madre Courage, tuttavia, è articolata e ha visto impegnarsi più di un compositore.

Il primo fu Paul Burkhard, chiamato a occuparsi del debutto a Zurigo, in qualità di compositore residente dello Schauspielhaus. Ma non fu l’unico. Lo stesso Burkhard dovette partire da fonti e partiture già esistenti, sicuramente segnalate dallo stesso Brecht. Fra queste, “L’étendard de la pitié” di Emile Wesly: motivo da cui è tratto il tema principale della celeberrima “Canzone di Madre Courage”. Sarà interessante riportare al pubblico, in una fase di ulteriore approfondimento, la successione incredibile di avvicendamenti creativi

intorno a quelle che oggi possiamo definire “musiche di Paul Dessau” quando si tratta di dover mettere in scena il capolavoro di Brecht. Il lavoro che abbiamo intenzione di portare a termine per la nostra messinscena prevede la raccolta, l’integrazione, l’elaborazione e l’orchestrazione di tutti i materiali riguardanti la composita partitura di “Madre Courage e i suoi figli” a partire dall’edizione del 1941, comprese le fonti che hanno concretamente ispirato i temi principali e le nove canzoni previste dal testo di Brecht. In scena un trombettista affiancherà tre attori nella loro duplice veste di strumentisti (banjo, accordion, tamburino), non escludendo il contributo di materiali sonori preregistrati.

[Paolo Coletta]

 

 

 

Per info Teatro Cagnoni  038182242  cagnoni@comune.vigevano.pv.it